LA VALUTAZIONE DEL MAGAZZINO: CHE COS’È?
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Franco e Luigi, soci amministratori della Punta & Lama S.r.l., siedono al tavolo del loro commercialista. Sono lì per la chiusura del bilancio: vanno definiti gli ultimi dettagli prima di approvare il documento.
La situazione che si presenta nel conto economico è questa:
I due soci sono entrambi degli operativi, sempre con le mani e la testa sul prodotto. Di numeri ne capiscono pochino. Negli anni sono riusciti ad accrescere le conoscenze di contabilità e bilancio. Tuttavia, continuano a sentirsi pesci fuor d’acqua quando si toccano questi argomenti.
Durante l’anno, il bilancio provvisorio serve giusto a verificare il fatturato e poco altro. Mancando sempre alcune voci di spesa, l’utile che appare non è mai attendibile.
Ad aprile, però, non si scappa: il bilancio va chiuso. E che cosa dice quello di quest’anno? La differenza tra i ricavi e i costi del conto economico evidenzia un utile di 250. Finalmente, dopo gli anni più duri della crisi, un po’ di sollievo!
In realtà, il sollievo per Franco e Luigi dura poco. Le tasse da pagare nei mesi successivi, fanno a pugni con la liquidità aziendale. Di nuovo, i due si troveranno costretti ad andare in banca con il “cappello in mano”. Ma non tutto è perduto. Forse la valutazione del magazzino può arrivare in loro soccorso. Vediamo in che modo.
La valutazione delle rimanenze può modificare il risultato d’esercizio
Se la valutazione del magazzino è superiore a quella dell’anno precedente, la variazione è positiva e l’utile aumenta. Al contrario: a una variazione negativa corrisponde una diminuzione dell’utile.
Facciamo un esempio con 3 ipotesi:
Chiunque abbia un minimo di familiarità con i bilanci conosce bene questo effetto. Per chi invece ha poca familiarità con i bilanci, questa logica non è scontata.
Altro aspetto fondamentale da comprendere è la distinzione tra valutazione e variazione delle rimanenze. La valutazione delle rimanenze, riguarda 5 componenti contabili e va scritta nell’attivo di stato patrimoniale, come nell’esempio qui sotto:
La variazione invece misura il differenziale, ovvero: rimanenze finali 2022 – rimanenze finali 2021. Nel caso sopra, le rimanenze sono passate da 328 a 168, dunque la variazione è -160.
La variazione delle rimanenze va riportata nel conto economico. In questo caso l’effetto sarà quello di far diminuire il risultato di esercizio: 250 – 160 = 90 (ipotesi 2)
Quindi l’utile dipende anche da come si fa l’inventario a fine anno?
Ecco, questo è il punto centrale del mio articolo. Seguimi bene nel ragionamento.
Molte piccole aziende non conoscono esattamente la valutazione delle loro rimanenze. Fare l’inventario significa conteggiare il numero di pezzi, metri, chili in magazzino, molte aziende vanno in difficoltà già in questa fase.
Ma non è finita: quelle quantità vanno poi trasformate in euro, dunque occorre stimarne il valore. Facile da dire, difficile da fare. Come facciamo a fare l’inventario? Ci vogliono almeno 4-5 giorni di lavoro, bisognerebbe fermare l’azienda … e poi: che valore assegniamo ad ogni pezzo?
Alla “Punta&Lama srl” il problema è di tipo organizzativo e gestionale. Non c’è mai il tempo (o l’abitudine?) di fare ordine ogni tanto. Sulle scaffalature e in ogni angolo dell’azienda gli utensili e prodotti a catalogo convivono accanto ad articoli impolverati, obsoleti o da aggiustare. Articoli da revisionare e articoli nuovi acquistati anni fa, che non si riescono più a vendere.
Hanno ancora un mercato? Che valore gli diamo? Frastornati da questi dubbi, per Franco e Luigi il momento dell’inventario è un mezzo incubo. Anche a volersi mettere d’impegno la valutazione del magazzino è comunque una sofferenza inconcludente.
“Ogni cosa diventa urgente se aspetti abbastanza a lungo”
Danny Cox
Sto facendo un esempio un po’ estremo. Raramente la situazione raggiunge questi livelli. Vale la pena ricordare che oltre certi limiti, queste situazioni non si verificano. Le imprese dimensionate hanno l’obbligo di tenere una contabilità di magazzino e a quel punto c’è poco spazio per le interpretazioni.
In ogni caso, oggi i due soci e il commercialista devono inserire a bilancio il valore delle rimanenze finali e optano per una riduzione di 160, in questo modo l’utile scende a 90 e l’esborso di tasse sarà più “digeribile”. Dunque questa storia ha un lieto fine, si torna a casa felici e contenti.
Beh dai, in fondo l’approssimazione ha i suoi vantaggi.
- se ho un utile alto -> riduco il valore del magazzino -> l’utile scende -> pago meno tasse;
- se ho un utile basso e una perdita -> alzo il magazzino -> esco con un utile giusto.
Una bella comodità!
Ma questi “magheggi” si possono fare senza problemi?
A naso, direi proprio di no. Il fisco italiano ha fama di volere tanto e subito. Questa cosa di abbassare l’utile, secondo me, non gli garba molto.
In realtà, se fatta con senso della misura è una pratica tollerata. Il punto vero è questo: se nemmeno Franco e Luigi sono capaci di dare un valore al loro magazzino, chi mai potrà farlo?
Possiamo forse immaginare che qualcuno in caso di controllo si metta a contare in mezzo agli scaffali? Non penso proprio. Soprattutto perché esiste una formula veloce e pratica che per smascherare le manipolazioni del magazzino.
Un indice per verificare le valutazioni delle rimanenze:
Applicando la formula per la Punta & Lama S.r.l. i numeri sono questi:
Come interpreto questo dato che passa da 124 a 34? In condizioni normali le scorte in gg tendono ad avere un valore costante. Mi spiego meglio.
Le scorte di magazzino sono indispensabili per il funzionamento dell’attività: le materie prime servono ad approvvigionare la produzione e i prodotti finiti per evadere gli ordini. Come le altre voci del capitale circolante aumentano o diminuiscono in proporzione al volume di affari.
Alla Punta&Lama srl è accaduto il contrario. Questa “stranezza” è misurata in modo palese dell’indice delle scorte in gg. In termini più tecnici ho approfondito l’analisi a questo link.
Conclusione: quando si inserisce a bilancio la valutazione delle rimanenze è sbagliato pensare di poter scrivere quello che si vuole, “tanto non se ne accorge nessuno”. Entro certi limiti le fluttuazioni sono normali, quando si esagera il rischio è di “attirare le api sul miele”. Ricavi e rimanenze fanno parte dei dati comunicati con gli studi di settore.
“Se fai ciò che hai sempre fatto, otterrai ciò che hai sempre ottenuto”
Anthony Robbins
Più in generale da questa storia si possono ricavare 3 insegnamenti:
1. Abbassare il magazzino non significa pagare meno tasse
Significa semplicemente spostare l’uscita di cassa in avanti di un anno. Il problema è solo rinviato. Ne vale davvero la pena? Ho visto aziende dichiarare utili ridicoli, accecate dall’idea di non versare imposte. E questo alla vigilia di un programma di investimenti. Peccato che poi sia parecchio complicato ottenere finanziamenti se la redditività non si vede…
2. I prodotti che non “girano” si svendono o si buttano!
Il pericolo di eliminare qualcosa che, ipoteticamente, potrebbe ancora essere vendibile è più che compensato da una gestione efficiente degli spazi di magazzino. Il disordine dovuto alla presenza di articoli vecchi che non “girano” ha effetti più gravi. Perché rende incapaci di dare un valore al magazzino. E perché influenza l’efficienza dei processi e l’atmosfera stantia che si percepisce dentro azienda.
3. Se manca una corretta valutazione del magazzino, manca la conoscenza dei margini
C’è qualche azienda oggi che può permettersi il lusso di ignorare i propri margini? Chi vuol sapere durante l’anno quanto sta guadagnando deve conoscere il valore delle proprie rimanenze. Altrimenti è come viaggiare a fari spenti.
Azienda, consulente o studente?
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Giuseppe Brusadelli
Da piccolo appassionato di numeri e matematica, da grande specializzato in controllo di gestione.