L‘EVOLUZIONE DEL CODICE DELLA CRISI E DELL’INSOLVENZA
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Autore: Andrea Birini
Il 16 luglio 2022 entrerà in vigore l’ulteriore modifica al codice della crisi e dell’insolvenza, previsto a seguito del recepimento della direttiva UE 2019/1023 “Insolvency”.
Una normativa, quella della legge fallimentare, da sempre molto criticata anche a causa dell’impatto negativo che ha sempre avuto sull’imprenditore commerciale a causa della visuale fortemente punitiva che assumeva verso il fallito.
Indice dei contenuti:
Dalla legge fallimentare al codice della crisi
Dopo una semi-staticità della norma per circa 80 anni, l’ultima versione della legge fallimentare, ora codice della crisi e dell’insolvenza che uscirà dalla penna del legislatore il prossimo luglio, rappresenta una vera e propria rivoluzione copernicana per l’imprenditore.
Chi dovrà, o vorrà, fare impresa in Italia nei prossimi anni sarà indotto ad un forte mutamento culturale e dimensionale, ormai improrogabile.
Forti critiche furono mosse nel 2019 ai nuovi obblighi giuridici derivanti dall’entrata in vigore del codice della crisi e dell’insolvenza (1° versione di marzo 2019), con le modifiche all’art. 2086 c.c. (obbligo di adeguati assetti), alle tanto criticate misure di allerta, alla formazione dell’OCRI (il plotone di esecuzione) presso le camere di commercio ed ai famosi indici della crisi (mai approvati dal ministero) che dovevano partire entro il 2020.
Tale evoluzione normativa, partita dal 2006 in avanti e fortemente raccomandata dalla Comunità Europea dal 2014 (raccomandazione 2014/135/UE), è approdata in Italia nella sua prima versione in un periodo storico in cui il tessuto imprenditoriale dell’economia reale era solo apparentemente in equilibrio.
Le fantomatiche misure di allerta avrebbero dovuto eliminare dal mercato esclusivamente gli imprenditori furbetti e le aziende zombie, a partire dall’impresa malavitosa ab origine, fino ad arrivare all’impresa in equilibrio che, ad un certo punto della sua vita a causa di una crisi non risanabile, deraglia senza fermarsi, creando danni.
Cosa prevede il nuovo codice della crisi
L’arrivo della nuova normativa rappresenta, forse per la prima volta dal 1942, il tentativo di far evolvere la cultura aziendale italiana verso una nuova figura di imprenditore maggiormente allineata con le opportunità e i rischi del fare impresa oggi.
In un mercato sempre più imprevedibile, in cui anche il sistema bancario sta mutando pelle velocemente, la crisi deve poter essere vista come un evento fisiologico da gestire in ottica preventiva ed in velocità.
Sotto tale aspetto direi educativo, il legislatore con quest’ultima modifica e, soprattutto, con la fusione nel corpo definitivo della norma del pacchetto sulla composizione negoziale (DL118/2021), si spinge ad imporre all’imprenditore dei livelli di tecnicismo aziendalistico.
Alcune situazioni appaiono tecnicamente irraggiungibili culturalmente per la maggior parte delle imprese italiane, come quelli di imporre la verifica della sostenibilità finanziaria a 12 mesi, il che implica la redazione, ad esempio, di un budget.
Ma quante aziende hanno tale cultura e sanno come farlo?
Attività gestionali inderogabili
Tra le novità importanti, si può scorgere come l’art. 3 del CCII (adeguatezza degli assetti organizzativi) sia stato fortemente innovato.
Rispetto alla prima versione di marzo 2019, si articolano tre attività gestionali che qualificano il concetto di adeguati assetti, che da processi discrezionali divengono prescrizioni normative inderogabili, da cui discendono importanti aggravi di responsabilità per gli amministratori e per i controllori, qualora venissero disattese.
- La prima prescrizione attiene all’obbligo di rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario in cui l’impresa potrebbe incappare. Va da sé che qui si obbliga l’impresa ad un monitoraggio costante e tempestivo dei tre classici equilibri aziendali in un’ottica non solo consuntiva, ma soprattutto previsionale;
- La seconda riguarda l’obbligo di verificare la non sostenibilità dei debiti e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i dodici mesi successivi e i segnali di allarme, specificatamente legati al superamento di un determinato livello di debiti v/stipendi, fornitori, banche ed erario. Anche qui, la norma assume che l’imprenditore abbia almeno una bozza di bilancio previsionale a 12 mesi ed almeno uno stralcio di budget di tesoreria a 13 settimane;
- La terza ed ultima prescrizione pare quella più innovativa ed integra nel nuovo testo dell’articolo quanto già oggi in vigore nel corpo normativo del D.L. 118/2021 sulla composizione negoziata per quanto attiene l’utilizzo del documento sezione II – check-list particolareggiata per la redazione del piano di risanamento e per la analisi della sua coerenza, necessario per redigere un eventuale piano di risanamento.
La norma impone, in sintesi, all’imprenditore di impostare un suo sistema aziendale di controllo interno.
In pratica un protocollo che gli permetta velocemente, di fronte al verificarsi dell’evento probabilità di crisi, di poter disporre delle informazioni (contabili ed extracontabili) necessarie per “seguire la lista di controllo particolareggiata ed effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento…”, ovvero per redigere un piano B di salvataggio dell’azienda (anche solo per calare la scialuppa in tempo).
Da un lato le modifiche alla normativa del nuovo codice della crisi e dell’insolvenza hanno disattivato gli obblighi sull’allerta esterna che caratterizzavano la vecchia versione, dove le misure di allerta rimangono una mera segnalazione di allarme senza una reale sanzione immediata e preventiva.
Dall’altro lato, tali modifiche restituiscono un significato ancora più corposo e chiaro all’ art. 2086 c.c. al punto tale da poter quasi affermare che l’obbligo di diligenza del buon padre di famiglia sia oramai un vecchio ricordo infantile per l’imprenditore (meglio parlerei di patente d’impresa, ovvero di diligenza del buon padre di famiglia rafforzata, quasi rasente quella professionale!).
In questo quadro gli imprenditori italiani avranno la necessità di studiare molto, rimettere in gioco le loro visioni di dove vogliono andare e chi vogliono essere, ri-orientare il timone e dotarsi, oltre che delle persone giuste accanto, anche, di adeguati sistemi di controllo di gestione e del rischio, oltre che dei flussi finanziari su di un orizzonte temporale di almeno 12 mesi.
Oltre che obbligatorio per legge, sarà dunque necessario impostare in azienda un sistema di controllo (allerta interna) efficace ed efficiente che, oltre a monitorare i risultati ottenuti ex post, dovrà offrire la possibilità di elaborare previsioni e ipotizzare scenari, fornendo tutte le informazioni necessarie a:
- comprendere l’evoluzione dei flussi di cassa;
- conoscere l’utilizzo e le disponibilità degli affidamenti bancari;
- formulare ipotesi di scenario futuri a breve;
- analizzare la situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’azienda;
- valutare il fabbisogno finanziario attuale e futuro;
- saper intercettare la probabilità di una crisi imminente facendo uso di sistemi contabili e non, di nuova generazione che guardino al futuro ed alle sue possibili mutazioni, tenendo conto non solo dei dati di bilancio/budget, ma anche di elementi non tangibili (organizzazione del personale, formazione, innovazione, clima aziendale, capacità di elaborare visioni strategiche, analisi di scenario …).
Un processo irreversibile questo che, grazie anche a queste nuove normative, necessariamente dovrà associarsi, da parte delle imprese e dei professionisti che le assistono, ad una sempre più penetrante formazione verso una cultura del rischio e del controllo a salvaguardia e prevenzione della continuità aziendale e di tutta la nostra socio-economia in forte cambiamento.
In conclusione
Gli obblighi imposti dal nuovo codice della crisi e dell’insolvenza sono pressoché inattuabili per molte imprese italiane.
D’altra parte, senza fare finti complottismi (basta sapere leggere), il percorso era già segnato ed era solo questione di tempo e normative, ma il progetto internazionale per l’imprenditoria italiana era, è, e sarà, inesorabile.
Il non parlarne acuisce solo l’urgenza che ora si palesa di correre ai ripari e fare tanta formazione agli imprenditori clienti (e pure tra noi consulenti). Il nuovo testo è stato approvato, dal consiglio dei ministri dopo un lungo dibattito, ora tocca a noi.
Tutto interessante, ma … in pratica come si fa?
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Andrea Birini
Consulenza direzionale, gestione della crisi e del risanamento aziendale.