ADEGUATEZZA PATRIMONIALE
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Quando si parla di adeguatezza o solidità patrimoniale si fa riferimento alla capacità dell’azienda di basare il finanziamento complessivo della gestione sul capitale proprio, portato dai proprietari, limitando nello stesso tempo il peso dell’indebitamento verso le banche e altri soggetti prestatori di capitale, cioè di essere dotata di adeguati mezzi propri.
L’espressione adeguatezza patrimoniale prevede un confronto tra il capitale proprio e i debiti totali dell’azienda alla data del bilancio d’esercizio.
In sostanza, si tratta del confronto tra le due voci dello stato patrimoniale che compongono il totale delle fonti di finanziamento che l’azienda usa per coprire i fabbisogni di capitale determinati dagli investimenti per attivo fisso e attivo corrente.
Indice dei contenuti:
Come si calcola
L’indice di adeguatezza patrimoniale è dato dal seguente rapporto:
Il numeratore e il denominatore sono rappresentati rispettivamente da:
- numeratore: il patrimonio netto costituito dalla voce A del passivo dello stato patrimoniale, detratti i crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (voce A dell’attivo dello stato patrimoniale) e i dividendi deliberati;
- denominatore: i debiti totali costituiti da tutti i debiti (voce D) del passivo dello stato patrimoniale, indipendentemente dalla loro natura, nonché i ratei e risconti passivi (voce E)
Se qui riportiamo ad esempio uno stato patrimoniale molto semplificato come il seguente:
L’indice di adeguatezza patrimoniale è dato da: 800.000 / 2.200.000 = 0,36
Il quoziente in questione viene sovente espresso in altri modi, tutti perfettamente equivalenti, perché mettono a confronto le due grandezze del nostro indice invertendo numeratore e denominatore, oppure confrontano una di esse con il totale delle fonti di finanziamento (sia proprie che di terzi).
Come si interpreta
L’interpretazione dell’indice si basa sulla constatazione che più un’impresa è capitalizzata, tanto meno dipende da obblighi contrattuali, aspettative, umori e percezioni di soggetti terzi e tanto maggiore è la sua solvibilità di lungo periodo.
Detto in altre parole, a fronte di un basso livello di capitalizzazione, i creditori nutrirebbero seri timori in merito al cuscinetto di garanzia che il capitale proprio rappresenta nei loro confronti in caso di perdite d’esercizio ingenti. Queste eroderebbero ben presto il capitale proprio e finirebbero per scaricarsi su di loro.
Il quoziente può essere maggiore, minore o uguale a uno. Secondo gli standard classici, che prevedono l’equilibrio al livello “fifty and fifty”, l’indice dovrebbe essere pari a 1 o > 1.
Tenuto conto della realtà italiana, caratterizzata da imprese abbondantemente sotto-capitalizzate, si reputa che un livello intorno a 0,3 – 0,4 sia ancora accettabile. Pertanto, nel nostro esempio, ci si colloca ad un livello inferiore a quello ideale, ma assai prossimo a quello ritenuto accettabile.
Nel mondo reale queste cose servono?
La vita di un’azienda è fatta di tante situazioni più importanti degli indici di bilancio. Tuttavia, nelle competizioni si vince anche con la cura nei dettagli. In ogni disciplina, le prestazioni migliori non arrivano per caso.
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Luigi Brusa
Autore di numerosi testi sui sistemi di controllo e professore emerito presso Università degli Studi di Torino.