CHI SONO GLI ATTORI (PROTAGONISTI) DEL CONTROLLO DI GESTIONE?
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Se il controllo di gestione è sinonimo di guida verso gli obiettivi aziendali e di responsabilizzazione sul loro raggiungimento, sembra quasi pacifico che gli attori principali del processo di controllo siano la direzione e i ruoli-chiave che la affiancano.
Un’obiezione sorge spontanea a questa quasi-certezza: ma, allora, che cosa ci sta a fare l’amministrazione, che si occupa di contabilità, e, dove ci sono, che ruolo hanno gli specialisti del controllo di gestione? L’obiezione non è campata per aria, ma va opportunamente collocata nel suo giusto contesto.
In primo luogo, va sgomberato il terreno da alcuni equivoci:
- il controllo di gestione distingue tra chi controlla e chi è controllato;
- il controllo di gestione è di competenza del cosiddetto controller, cioè lo specialista della materia;
- il tradizionale responsabile della contabilità (e dell’amministrazione in senso stretto) ha le competenze per occuparsi di controllo di gestione.
Il primo equivoco trae origine da un diffuso fraintendimento della natura e del ruolo del controllo di gestione e cioè che si tratti di uno strumento per fare le pulci alle persone e, se del caso, punirle. È una visione francamente primitiva e superficiale, che oggi, per fortuna, è superata.
Perfino nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, dove ormai il controllo di gestione è abbastanza diffuso, è piuttosto chiaro che non si controllano le persone, ma i risultati delle loro azioni (responsabilizzandole, questo sì, ma è una cosa diversa dal colpevolizzarle in caso di errore).
Il secondo equivoco chiama in causa una classica (e spesso ambigua) distinzione dell’organizzazione aziendale, tra i responsabili della gestione operativa, e i cosiddetti organi di staff, tra cui l’organo addetto al controllo di gestione.
All’obiezione sopra richiamata (che cosa ci sta a fare l’amministrazione o il controller?), la risposta è: la direzione e i vari responsabili operativi sono guidati dal controllo di gestione a prendere decisioni coerenti con gli obiettivi di fondo dell’azienda, mentre gli specialisti progettano e gestiscono il sistema e assistono la direzione nei processi decisionali.
Lo scioglimento di questo secondo equivoco impone però altre precisazioni. Dire che il controller assiste e supporta la direzione non significa certamente che si sostituisce ad essa nel prendere le decisioni.
Però non vuol neanche dire che si limita a produrre dati e informazioni e, poi i suoi interlocutori facciano quello che vogliono (incluso mettere i report nel cassetto).
Il ruolo del controller è quello di coscienza economico-finanziaria dell’impresa. Come tale non si limita a produrre documenti contabili o statistici, ma aiuta la direzione a interpretarli correttamente e, se del caso, sottopone a critica le conclusioni che la direzione ne ha tratto. Dopo di che, faccia lei.
Quindi, il ruolo è delicato: non deve spingersi troppo in là, ma non deve neanche essere vissuto come un produttore di numeri (“bean counter”, quello che conta i fagioli).
Il terzo equivoco mette al centro dell’attenzione la figura del contabile tradizionale: può fare efficacemente il controller?
La risposta, salvo eccezioni infrequenti, è negativa. Infatti, sono diversi il know-how tecnico (contabilità generale e bilancio vs. contabilità analitica, budget e reporting) e la sensibilità necessaria (precisione contabile vs. orientamento gestionale).
Il controllo di gestione non ricerca quadrature contabili ed esattezza dei dati, ma un utilizzo mirato e tempestivo di informazioni di cui si tollera qualche margine di imprecisione.
Un’altra riflessione ci porta ad una realtà piuttosto diffusa agli albori del controllo di gestione, quando le relazioni tra specialisti del controllo e responsabili operativi erano spesso conflittuali.
Era frequente che i responsabili della produzione o delle vendite vedessero l’esperto del controllo di gestione come una specie di spia della direzione o, nella migliore delle ipotesi, come un rompiscatole che, oltretutto, con i suoi dati contabili arrivava sempre in ritardo rispetto alla gestione reale.
Ovviamente si tratta di un travisamento del ruolo specialistico. Oggi però i rapporti conflittuali non sono più giustificati come potevano esserlo in passato.
A ridimensionare il rischio e, in definitiva, a far mutare l’atteggiamento nei confronti del controllo di gestione stanno alcune circostanze favorevoli:
- il management operativo ha acquisito maggiore consapevolezza gestionale ed economico-finanziaria delle proprie azioni; è una questione di cultura manageriale ed economica che, anche nel nostro paese e sia pure a fatica, si è alquanto evoluta;
- il ruolo del controller ha assunto una fisionomia più definita e professionale, come consulente economico-finanziario della direzione, distinto dalla tradizionale figura amministrativa di chi in azienda si occupa di adempimenti contabili (con cui peraltro deve avere collegamenti molto stretti);
- l’Information Technology, che richiede un coinvolgimento molto attivo del controller accanto a quello dei tecnici informatici, rende il controllo di gestione più oggettivo e accettabile agli occhi di chi in passato temeva di restarne vittima e oggi ne può usufruire a tutto vantaggio dell’efficacia delle sue decisioni. In particolare, per le aziende che hanno presupposti culturali, organizzativi e finanziari adeguati (e quindi con maggiori difficoltà per le PMI) la Business Intelligence può recitare un ruolo di grande importanza a supporto del controllo di gestione.
Tutto interessante, ma … in pratica come si fa?
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Luigi Brusa
Autore di numerosi testi sui sistemi di controllo e professore emerito presso Università degli Studi di Torino.