CONTROLLO DI GESTIONE: COS’È E A COSA SERVE
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Il controllo di gestione può essere definito come un sistema di strumenti tecnico-contabili che supporta le decisioni della direzione aziendale, nella ricerca delle condizioni di efficienza e di efficacia, in vista del raggiungimento degli obiettivi dell’impresa.
Per fare ciò, misura e monitorizza i risultati di gestione, espressi innanzitutto in termini economico-finanziari.
Per dirla in parole semplici, il controllo di gestione aiuta gli imprenditori a utilizzare i numeri per fare le scelte più convenienti.
Indice dei contenuti:
I 2 scopi del controllo di gestione
La misurazione e il monitoraggio dei risultati economico-finanziari sono la funzione immediata del controllo di gestione, ma spesso rischiano di essere fini a sé stessi.
Un report chiaro e ben fatto, magari corredato da bei grafici esplicativi, non garantisce la corretta conduzione di un’impresa, così come la sirena di un allarme antincendio non basta per spegnere le fiamme.
Pensare al controllo di gestione come sinonimo di contabilità, numeri e grafici (che sono fondamentali) è una prospettiva che rischia di confondere gli scopi di un sistema direzionale con gli strumenti tecnico-contabili che lo fanno funzionare.
È allora necessario spostare l’attenzione un po’ più in là, per comprendere il duplice ruolo del controllo di gestione in azienda:
- guidarela direzione verso gli obiettivi aziendali, sia quelli di breve periodo, sia quelli di medio-lungo;
- responsabilizzare i soggetti che ricoprono ruoli-chiave in azienda sui risultati conseguiti.
Guidare verso gli obiettivi significa aiutare a prendere decisioni economicamente convenienti e, per farlo, occorre saperne valutare le conseguenze con opportune elaborazioni.
La contabilità dei costi
Nella misura in cui il controllo di gestione deve aiutare a prendere decisioni economicamente convenienti, la contabilità dei costi assume un ruolo centrale all’interno di ogni sistema.
Infatti ha la funzione di calcolare i costi di prodotto o di commessa e fornire informazioni utili alla definizione del ricarico (mark-up) da applicare per la copertura dei costi indiretti.
Il calcolo dei costi di prodotto è un’attività complessa e differente in ogni azienda. La prima fase di questa attività consiste nel raggruppare, ovvero classificare, i vari costi in base al tipo di attività.
Le classificazioni più diffuse sono le seguenti:
- costi fissi e variabili: in base al comportamento rispetto alle quantità prodotte;
- costi diretti e indiretti: in base alla modalità di attribuzione;
- costi standard e costi effettivi: in base al momento di calcolo;
- costi comuni e costi speciali: in base al ramo di attività cui si riferiscono.
La problematica di ripartire sui singoli prodotti (o commesse) i costi indiretti, comporta l’adozione di differenti tecniche di calcolo come:
- centri di costo;
- configurazioni di costo;
- direct costing, full costing, activity-based costing.
Per funzionare correttamente, la contabilità dei costi deve essere alimentata anche da una serie di dati previsionali definiti attraverso attività di budgeting.
Per capire meglio questo concetto ti invito a guardare questa breve clip su come si determina il costo di un prodotto.
Le scelte tattiche sul pricing dei prodotti oppure le scelte strategiche di posizionamento sul mercato dipendono dai costi di prodotto, ma non solo.
Esistono infatti altri elementi da misurare e valutare come: l’efficienza produttiva, l’opportunità di nuovi investimenti per migliorarla, la sostenibilità finanziaria, il posizionamento dei concorrenti, eccetera.
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I 3 livelli di controllo
- il controllo operativo che riguarda le attività quotidiane svolte in azienda, ovvero la continua ricerca di efficienza ed efficacia dei processi operativi. Gli strumenti utilizzati sono la contabilità dei costi, la contabilità industriale, ma anche rilevazioni riferite a metriche extra-contabili (KPI);
- il controllo direzionale che attiene agli obiettivi di breve periodo (12 mesi) espressi soprattutto in termini economico-finanziari. Lo strumento cardine di questa attività è il budget;
- il controllo strategico che riguarda gli obiettivi definiti dalla pianificazione strategica. In pratica, consiste nel verificare la coerenza dei programmi annuali (budgeting) rispetto al piano strategico di medio-lungo periodo.
Fare controllo di gestione
Lo schema sopra illustra le tempistiche e gli ambiti di intervento del controllo di gestione, ovvero “quando” e “cosa” fare. Peraltro, è interessante capire anche il “come” farlo, ovvero l’approccio metodologico da adottare.
Infatti, esiste uno schema che si applica ad ogni attività misurabile e, come tale migliorabile. Prende il nome di ciclo di Deming si divide in 4 fasi:
- pianificazione (definizione degli obiettivi e delle azioni per raggiungerli);
- esecuzione e misurazione dei risultati;
- controllo;
- studio dei correttivi.
Applicate al controllo direzionale, le quattro fasi diventano:
- budget economico-finanziario;
- verifiche trimestrali (o mensili);
- analisi degli scostamenti;
- studio dei correttivi.
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Da dove cominciare
Oltre ad essere articolato su 3 livelli, il controllo di gestione è un’attività che tende ad assumere configurazioni differenti in ogni azienda, in funzione delle sue caratteristiche specifiche, delle sue priorità, delle sue abitudini e anche dei suoi software.
In altre parole, i sistemi di controllo sono diversi in ogni impresa e ciò complica molto le cose. Fortunatamente c’è un punto di riferimento comune tutte le imprese: il bilancio.
Il bilancio ha tre caratteristiche importanti:
- è completo, contiene una sintesi di tutte le attività svolte nell’arco di un dato periodo;
- è verificato, i dati di bilancio sono precisi e validati da una meticolosa attività di registrazioni contabili:
- è disponibile, viene già predisposto per ottemperare ad obblighi fiscali.
Per contro ha anche alcuni limiti tra i quali:
- difficile da leggere, infatti il bilancio è concepito e redatto per finalità fiscali. I prospetti di conto economico e stato patrimoniale contengono molti dettagli informativi che hanno poca rilevanza sul piano gestionale. I costi sono suddivisi in decine di voci molto simili tra loro con l’effetto di complicare il quadro informativo. Il rischio è trovarsi davanti tante pagliuzze che fanno perdere di vista la trave;
- arriva in ritardo nelle mani dell’imprenditore, perché le tempistiche e le esigenze fiscali sono differenti da quelle necessarie a gestire un’azienda. Infatti, il deposito del bilancio avviene a mesi di distanza rispetto al periodo di riferimento, per contro, la testa dell’imprenditore è sempre proiettata in avanti: sulle consegne dei mesi successivi, sulle trattative da chiudere e sugli investimenti da realizzare per mantenersi competitivi.
Trattandosi di dati già pronti, completi e verificati, il bilancio rappresenta il punto di partenza più agevole per la costruzione di un sistema di controllo.
Idealmente si dovrebbe cominciare dalle strategie di medio lungo periodo, poi passare agli obiettivi economico-finanziari di breve periodo e infine definire i processi operativi. Quest’ordine va benissimo per le nuove imprese che partono da zero e possono progettare il loro futuro partendo da un foglio bianco.
Diversa è la condizione delle imprese già attive, con i loro prodotti, i loro clienti, e abitudini operative più o meno radicate. In questi casi, prima di ragionare a livello strategico e ipotizzare cambiamenti, occorre innanzitutto misurare i risultati, ovvero i margini e le risorse disponibili per sviluppare nuove idee.
In estrema sintesi, la prima cosa da fare è una attenta analisi del bilancio.
Alcune domande sul controllo di gestione
Cosa non è il controllo di gestione
In ogni campo, per capire la sostanza di un fenomeno complesso, è bene chiarire non solo che cosa è, ma anche che cosa non è. Il controllo di gestione è emblematico a questo proposito.
All’origine di molti equivoci è lo stesso termine usato: controllo, che nella lingua italiana evoca verifica ispettiva o qualcosa di poco gradito per chi ritiene di subirlo.
In realtà, controllo è una traduzione sbrigativa del termine inglese control, che significa guida verso obiettivi aziendali definiti. Sgombrato il terreno da equivoci terminologici, restano ancora da considerare altri fraintendimenti, di cui diamo alcuni esempi.
Il controllo di gestione è un controllo dei risultati, non del rispetto delle procedure per ottenerli, che è compito di quel tipo di controlli che si chiama di volta in volta auditing, oppure controlli interni o in altri modi ancora.
Questo non vuole ovviamente dire che i vari tipi di controllo siano scollegati, né tantomeno che uno sia più importante degli altri. Semplicemente sono cose diverse e richiedono competenze professionali differenti.
Il controllo di gestione non va confuso con ciò che sovente si chiama ispettorato: ad esempio, verificare la consistenza della liquidità in cassa è un’elementare e ineludibile esigenza di qualsiasi azienda (si pensi alle banche!), ma con il controllo di gestione ha poco a che vedere.
Molti equivoci si chiariscono osservando questo semplice schema di come si svolge la gestione (le attività di produzione, di vendita, di acquisto, ecc.), tipico della logica per processi:
Mentre il controllo di gestione si dedica alla misurazione e al monitoraggio dei risultati (per poterli confrontare con obiettivi tipicamente economico-finanziari), altre forme di controllo, come l’auditing, focalizzano la loro attenzione sul rispetto delle regole e delle procedure che disciplinano i processi, oppure sulla consistenza e le caratteristiche delle risorse necessarie allo svolgimento dei processi.
È peraltro anche vero che a volte i risultati sono difficilmente misurabili o non lo sono ancora alle scadenze del controllo di gestione (ad esempio mensilmente o trimestralmente). È questo, ad esempio, il caso della ricerca e sviluppo, che richiede tempi lunghi per apprezzare i risultati di un progetto.
Ecco allora che il controllo di gestione misura un surrogato dei risultati, che può essere lo stato di avanzamento di un progetto (e così controlla i processi), o addirittura deve limitare il suo monitoraggio alle risorse impiegate (quanto si è speso per quel progetto: questo non dice se i soldi sono spesi bene, ma è certo che se non si fosse speso niente i presupposti per risultati apprezzabili sarebbero pari a zero).
Chi sono gli attori (protagonisti) del CdG?
Se il controllo di gestione è sinonimo di guida verso gli obiettivi aziendali e di responsabilizzazione sul loro raggiungimento, sembra quasi pacifico che gli attori principali del processo di controllo siano la direzione e i ruoli-chiave che la affiancano.
Un’obiezione sorge spontanea a questa quasi-certezza: ma, allora, che cosa ci sta a fare l’amministrazione, che si occupa di contabilità, e gli specialisti del controllo di gestione?
L’obiezione non è campata per aria, ma va opportunamente collocata nel suo giusto contesto, perciò sono necessarie alcune precisazioni:
- il controllo di gestione non ha la funzione di controllare le persone, ma i risultati delle loro azioni (responsabilizzandole, ma senza necessariamente colpevolizzarle in caso di errore);
- la direzione e i vari responsabili operativi sono guidati dal controllo di gestione a prendere decisioni coerenti con gli obiettivi di fondo dell’azienda, mentre gli specialisti (amministrativi e controller) oltre a progettare e gestire il sistema, assistono la direzione nei processi decisionali;
- la figura del contabile tradizionale può fare efficacemente il controller? La risposta, salvo eccezioni, è negativa. Infatti, sono diversi il know-how tecnico (contabilità generale e bilancio vs. contabilità analitica, budget e reporting) e la sensibilità necessaria (precisione contabile vs. orientamento gestionale). Il controllo di gestione non ricerca quadrature contabili e esattezza dei dati, ma un utilizzo mirato e tempestivo di informazioni di cui si tollera qualche margine di imprecisione.
In conclusione, i ruoli aziendali coinvolti dal controllo di sono:
- direzione;
- responsabili di reparti operativi e aree commerciali;
- controller o altri tecnici che progettano e gestiscono il sistema, e assistono la direzione nei processi decisionali.
Esiste una relazione con il principio di adeguato assetto contabile?
Il richiamo agli obblighi imprenditoriali verso il controllo di gestione è certamente riferito alle norme del codice civile modificate nel 2019 nell’ambito dell’introduzione del nuovo codice della crisi d’impresa, in particolare:
- l’articolo 2086: […] L’imprenditore…ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa…].
- l’articolo 2076: […]Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale…].
Se da un lato si intuisce in modo chiaro il significato di responsabilità (personale) verso i creditori sociali, appare più generico il concetto di adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile.
Per definire meglio quest’ultimo punto, il 15/07/2022 è entrata in vigore la modifica dell’articolo 3 del già citato codice della crisi, il quale recita:
- […]a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attivita’ imprenditoriale svolta dal debitore;
- b) verificare la sostenibilita’ dei debiti e le prospettive di continuita’ aziendale almeno per i dodici mesi successivi[…].
Alla luce di quanto riportato nelle norme sopra citate, il nesso tra gli obblighi in carico agli amministratori e il controllo di gestione ha una sua logica, però si tratta di una semplificazione.
Le prescrizioni di legge riguardano soprattutto il monitoraggio della situazione economico-patrimoniale, mentre il controllo di gestione ha un significato più ampio che riguarda anche gli aspetti più operativi e analitici della gestione.
Fatte le opportune precisazioni bisogna però dire che, nelle imprese in cui è presente un sistema di controllo di gestione collaudato, il requisito di adeguato assetto amministrativo e contabile è soddisfatto nella misura in cui l’analisi economico-finanziaria (consuntiva e previsionale) è il pilastro portante di qualsiasi sistema di controllo.
Bibliografia
- Sistemi manageriali di programmazione e controllo. Luigi Brusa;
- Il controllo di gestione nelle piccole e medie imprese. Furio Bartoli;
- Pianificazione e controllo di gestione. Lucio Potito;
- Controllo di gestione. Pianificazione, programmazione e report. Francesca Bartolacci, Nicola Castellano, Stefano Marasca;
- Il budget e il controllo di gestione per le pmi. Felice Aloi, Antongiulio Aloi.
Tutto interessante, ma … in pratica come si fa?
Per fare bene un lavoro ci vuole il giusto metodo ma anche gli strumenti adeguati. Con i numeri aziendali è molto facile ingarbugliarsi con fogli excel complicati e calcoli inconcludenti.
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Giuseppe Brusadelli
Da piccolo appassionato di numeri e matematica, da grande specializzato in controllo di gestione.