DIFFERENZA TRA PERCEZIONE E QUALITÀ DEL PRODOTTO

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In che modo si può definire la qualità di un prodotto? E che peso ha oggi il concetto di qualità sul mercato?

Si fa presto a dire: “la mia azienda fa solo prodotti di qualità”, ma oggi la qualità del prodotto non è più un criterio sufficiente per rimanere a galla.

La differenza tra la qualità e la percezione di un prodotto

La rete e la tecnologia hanno avuto un effetto importante sul mercato.

Da una parte, le distanze tra azienda e consumatore si sono dimezzate; dall’altra, il numero di attori è cresciuto esponenzialmente. E, in un simile scenario, il concetto di qualità è divenuto un mantra per chiunque si sia affacciato sul mercato.

Dall’utilizzo di materiali atossici, alla provenienza a km zero, giungendo poi al classico made in Italy. Chiunque voglia sopravvivere nel mare affollato del mercato, cerca sempre di far risaltare questo concetto.

La qualità non è un qualcosa che può essere definito quantitativamente, a parte alcune rare eccezioni. Più che altro, infatti, la qualità del prodotto viene percepita.

Le nostre percezioni però sono diverse. Ciò che è buono per qualcuno, può essere cattivo per qualcun altro. Non solo, il mercato può addirittura portare un prodotto pessimo in cima alle vendite, mentre uno decisamente migliore stenta. Pensa ad esempio a Domino’s Pizza. Su che caratteristica punta? Non penso sulla freschezza della materia prima.

Questo accade perché il modo in cui percepiamo la qualità del prodotto si crea sulla base di numerosi fattori. Solitamente le aziende fanno rivalere l’utilizzo di materiali pregiati o di prima classe, mentre il mercato esterno corre su altri binari.

La qualità è un concetto soggettivo

Purtroppo la percezione del cliente, molto spesso, non riguarda ciò che accade all’interno dell’azienda. I fattori che ne stimolano il desiderio all’acquisto si trovano da tutt’altra parte, a partire dalla pancia, dall’istinto.

Il cliente compra innanzitutto per soddisfare un bisogno. Ma, al giorno d’oggi, la stragrande maggioranza dei bisogni sono tutti soddisfatti dall’offerta che vige sul mercato.

Insomma, è un po’ come avere fame e trovarsi sulla strada principale dove sostano niente altro che ristoranti. In una simile situazione, il bisogno di sicuro verrebbe soddisfatto. Ma in che modo saremmo in grado di scegliere proprio dove fermarci a mangiare?

Dove si mangia meglio, è ovvio. Ma come facciamo a saperlo? Se ci pensiamo, i nostri bisogni non sono poi così generici. Detto in altre parole, a meno che non ci si trovi nel deserto da due settimane senza nemmeno un pezzo di pane, ci piace anche decidere cosa mangiare.

Se voglio ravioli al vapore, andrò in un ristorante cinese e non in un italiano. Viceversa se ho voglia di una semplice pizza nostrana. Se invece ho voglia di mangiare piccante, messicano e altre cucine esotiche se la giocano da sole.

Questo per dire che la nostra scelta, la nostra percezione, è mossa non da un concetto generico di qualità del prodotto, ma se tale prodotto ci dà l’idea di soddisfare appieno il nostro bisogno.

Se ci dà insomma una certezza istintiva, che si genera in base al nostro background di conoscenze, ai nostri ricordi, ai messaggi subliminali pubblicitari, all’abitudine e altro ancora.

Il made in Italy che tanto amiamo può essere motivo di scelta. Un segno che inconsciamente ci consiglia genuinità, ma non ce l’assicura.

Tradotto: se due aziende fanno la stessa cosa, ma solo una ha il concetto di made in Italy ben presente nel suo marchio, è facile che buona parte della clientela sposi i suoi prodotti. Ma siamo sicuri che siano migliori di quelli dell’altra?

Made in Italy come elemento differenziante nella percezione

Ovviamente, se un prodotto è effettivamente scadente, per quanto possa essere ben percepito il suo marchio, prima o poi crollerà.

Cosa può fare un’azienda per essere percepita efficacemente sul mercato?

Innanzitutto, ogni impresa dovrebbe:

  • avere ben chiari i risultati di vendita di ogni singolo prodotto;
  • capire come i prodotti vengano percepiti dai nostri clienti;
  • comparare risultati oggettivi da bilancio e risultati qualitativi da sondaggi;
  • applicare dei miglioramenti dove possibile;
  • tenere sotto controllo i risultati.

In questo, il controllo di gestione può accorrere in nostro aiuto.

Se invece un prodotto non vende, non significa che debba essere per forza eliminato. Forse infatti la colpa non si deve al fatto che il cliente non lo desideri, ma semplicemente che non è in grado di vederlo, percepirlo per quello che è.

Bisogna allora abbandonare per un secondo le vesti dell’imprenditore e indossare quelle del nostro cliente ideale.

Cosa vuole dai nostri prodotti? Quali sono i suoi bisogni principali? E in quale modo migliore li vorrebbe vedere soddisfatti? A volte il cliente non è attirato da un prodotto, in quanto pensa che non sia stato fatto per lui.

Coca Cola e Pepsi hanno fatto scuola in questi termini durante gli anni ’80. Pepsi stava per abbattere il colosso perché i giovani sentivano il suo marchio, il suo prodotto, fatto apposta per loro.

Pubblicità con Michael Jackson e colleghi davano un chiaro senso di appartenenza alla bibita, guarda tu stesso:

Ovviamente nel B2C può sembrare più semplice e diretto un simile discorso, ma anche nel B2B può calarsi senza troppe difficoltà. In fondo le aziende hanno anche loro dei bisogni e dei desideri come i singoli individui.

C’è chi cerca un servizio svelto e puntuale. Chi ha bisogno di un prodotto con determinate caratteristiche. Chi ancora vuole essere assistito dall’ordine fino al post-vendita. Il tuo prodotto quale caratteristica particolare ha? E, se ne ha una, perché non puntare su di essa e trovarsi una clientela adatta?

Ripeto: modificare il prodotto non è necessario, non sempre. È sufficiente cambiare la percezione che la clientela ha di esso, pubblicizzandolo e presentandolo in un modo diverso, più focalizzato.

Per fare ciò, comunque, bisogna essere pronti a cambiare. Può non piacere o essere visto come una difficoltà aggiuntiva, ma il mercato oggi lo richiede più che mai.

Tenere gli occhi sui numeri della propria azienda, e anche a quelli dei nostri competitor, è un modo per ascoltare il mercato. Più dati avrete in vostro possesso, più avrete meno dubbi al momento di fare le vostre scelte.

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Giuseppe Brusadelli

Da piccolo appassionato di numeri e matematica, da grande specializzato in finanza e controllo di gestione.

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